31 ago 2009

Solidarietà a Repubblica

C'è da riflettere di brutto in questi ultimi giorni.
Sul ruolo dell'informazione, in primis. Su come i quotidiani, e i media di informazione in generale, adempiono a questo ruolo in Italia. Alla differenza sempre più marcata che si sta evidenziando da qualche tempo con l'intervento massiccio dei quotidiani stranieri.
Tempo fa avevo smesso di leggere Repubblica; vedevo una eccessiva intrisione del materiale giornalistico col materiale politico, non tanto nella condanna della parte avversa quanto nella magnificazione scriteriata della parte amica.
Così le mie frequentazioni informative si erano attestate su Corriere e Stampa, a mio avviso più equilibrati, più "freddi" in generale, più distintivo e meno chiacchiere diciamo così. Senza lesinare qualche uscita sul Giornalino del pidiellino, per farmi quattro risate e ricordarmi sempre cosa significa abbeverarsi a quella fonte lì (fondamentalmente, essere ladri o cretini). Salvo poi piangere nel ricordare come è nato Il Giornale e come è diventato l'organo di stampa di un uomo, più che di un partito (guardatevelo il filmato se avete qualche minuto perché è davvero istruttivo, oltre a contenere una delle ultime sortite di Montanelli).
Ma torniamo a noi. All'estero, nei Paesi democratici dico, i politici se la fanno sotto quando vengono presi di mira dai mezzi di informazione. E così partecipano controvoglia ai dibattiti, vanno ai vari David Letterman Show pur sapendo che verranno bersagliati, si scusano pubblicamente delle magagne portate allo scoperto perché altrimenti sanno che sarebbe la loro fine, si affrettano a rendere conto di ciò che fanno. Perché il ruolo più puro dell'informazione pubblica è quello di rendersi garante della democrazia. Il primo sintomo della dittatura, dissero altri, è il controllo degli organi di stampa. Il giornalista in questo senso assume un ruolo di enorme responsabilità, di grande scomodità e di non facile gestione. Da un grande potere, diceva Peter Parker, derivano grandi responsabilità.
Che succede però quando l'informazione o parte di essa comincia a chiudere un occhio? Forse anche tutti e due?
Vorrei poter dire: quello che sta accadendo in questo periodo è sotto gli occhi di tutti. E invece no, non lo è, perché talune questioni sono sottaciute o affrontate con occhio benevolo o in maniera volutamente confusionaria da parecchie entità notoriamente neutrali. Repubblica, e la libertà di stampa e di informazioni, hanno subito un attacco senza precedenti da parte del premier e la sua cricca di avvocati, subendo una denuncia per diffamazione per aver pubblicato, dopo lo scandalo Mignotte for President (chiamiamolo come si deve) dieci ormai celebri domande. Un quotidiano querelato e soggetto a intimidazione per aver fatto delle semplici domande - per quanto volte a dimostrare una tesi indubbiamente negativa per l'interlocutore, ma il punto è che queste domande sono tuttora inevase (da quanto tempo? lo leggete nel bannerino in alto a sinistra in questo blog, che vi invito ad esporre se condividete) mentre negli Stati Uniti il Berlusca di turno si sarebbe precipitato da Letterman a rispondere punto per punto per tema di venire politicamente disintegrato. Da noi la tattica è proprio diversa, si sceglie la strada della delegittimazione. Del diritto di indagine, del diritto all'informazione. Il premier ripete all'ossessione di trovarsi di fronte all'ennesimo complotto della stampa bolscevica. Stampa bolscevica che stavolta si avvale pure di quotidiani stranieri (inglesi, francesi, spagnoli, tedeschi, finalmente anche statunitensi) alcuni dei quali sono già oggetto delle attenzioni del pool MANI ZOZZE capitanato da Niccolò Ghedini. Ma non è nemmeno questo il punto su cui mi soffermo.
Lasciamo perdere la RAI. Basta vedere chi hanno messo a dirigere il TG1 e le sue pietose uscite scodinzolanti. Mediaset, non ne parliamo (buon per Mentana che ne è fuoriuscito in tempo). Ma, ecco, dal Corriere della Sera e da La Stampa mi aspettavo una difesa convinta in soccorso di Repubblica. E invece i rispettivi direttori si sono limitati, in questo caso, ad una fredda cronaca. Il clima degli articoli, intendiamoci, è sempre di lieve critica al governo, ma niente di più niente di meno del solito ormai obsoleto esser leciti.
E invece qui in Italia è il momento di urlare. Di inchiodare quest'uomo e la sua cricca al loro stesso castello di bugie, avvalersi il più possibile della grancassa internazionale - tanto nel nostro Paese ormai non c'è autorità che possa opporglisi - e lasciarli senza fiato. Martellare dalle pagine della Rete, dei quotidiani, di ogni possibile spazio d'informazione condiviso. Almeno fino a che il 51% degli italiani non si sarà messo le mani tra i capelli e avrà deciso di cacciarlo a calci, sempre che per allora si possa ancora farlo.
Intanto se credete firmate anche voi l'appello in favore di Repubblica e della libertà di stampa e di pensiero.

28 ago 2009

Sciacallaggio autorizzato

Capita che qualche mese fa si sia verificato un sisma dalle conseguenze drammatiche presso L'Aquila, Abruzzo, Italia, Pianeta Terra.
Capita che siano morte persone, crollati palazzi, rovinate alcune vite, inguaiate molte altre.
Capita poi che chi può cerchi di riprendere in mano la propria vita e recuperare il possibile (oggetti personali, mobilia) per trasferirsi altrove.
Certo, le istituzioni ti aiuteranno: mettiti in fila e prima o poi arriverà il tuo turno.
Ma l'Inverno incombe. A L'Aquila, d'inverno, fa freddo. Col freddo, gli appartamenti sventrati dalle scosse non offrono più protezione al proprio contenuto (il legno marcisce etc). E quindi quelli che possono hanno la necessità di portare via tutto prima che arrivi il freddo.
E qui la Protezione Civile ci mette del suo: tranquilli, copriamo fino a 5.000, mi voglio rovinare 6.000 euro di trasporto. Siamo a cavallo.
E invece vai per traslocatori e trovi... Surprise! trovi che tutti i prezzi di trasporto sono improvvisamente alle stelle. Ti chiedono, nel migliore dei casi, 11.000 euro tondi tondi. Per traslocare quel che rimane di un appartamento al III piano in un paesino a 9km da L'Aquila (che per la cronaca si traversa tutta in mezz'ora). Roba che io per traslocare un appartamento integro da un I piano ad un III piano, a Roma, ho speso 1.000 euro. Aggiungici il trasloco dalle finestre perché le scale non esistono più. Mettici pure, boh, il terreno dissestato. Guarda, 3.500-4.000 euro te li do pure. Ma €11.000 (undicimila/00) ?
Sarà mica che qualcuno ci sta speculando?
Sarà mica che nessuno impedisce ai trasportatori di fare lobby?

Riporto la situazione vergognosa che si sta consumando in silenzio a spese dei malcapitati rimasti senza casa, su racconto del mio amico Davide la cui famiglia sta faticosamente cercando di salvare la mobilia rimasta. Che i miei cinque lettori si facciano un'idea... e passino parola, se credono.

25 ago 2009

Il giorno che ammazzai la Mantide

E venne anche questo giorno qui.
Ieri, in particolare, quando mettendo a scaldare lo spezzatino sui fornelli di casa nuova (eh sì, siamo a casa nuova, ce l'abbiamo fatta) al secondo piano e mezzo, terrazzino vista cortile interno, mi accorgo che qualcosa di verde con le zampette sta immobile ma non troppo abbarbicato sotto la grata del fornello medio. Cavalletta?
E come ci è arrivata fin qui? a forza di zompi? E poi, dove sono le zampone posteriori?
Poi colgo qualche altro dettaglio, le zampette davanti ripiegate come se pregasse, la testolina con gli occhietti neri al termine del collo sottile, il fatto che sta appesa capovolta. Mi tornano alla mente alcune terribili immagini di un programma horror che ha segnato la mia infanzia (l'Ape Magà) e mi dico, non senza un fremito: Oddio, è una mantide religiosa.
Arriva Manu dalla camera da letto e faccio appena in tempo a fermarla: VA' VIA, NON ENTRARE IN CUCINA. Lei incuriosita ma allarmata vuole farsi indicare il motivo del mio monito, e a distanza sgrana gli occhi di fronte all'animaletto verde, ancora immobile ma di antenna oscillante.
"Che cos'è?" mi fa. "Una cavalletta. O... una mantide" rispondo io. "Penso una mantide" rinforzo, "non mi sembra di vedere le elitre".
A quel punto non nego che nel mio immaginario la mantide, o meglio la Mantide, è strettamente collegata a sentimenti negativi. Nei cartoni animati era sempre dipinta come nemico implacabile dell'apetta o della formichina buona di turno. E poi come aspetto, non neghiamolo, un po' fa paura. Io in genere non ho particolari problemi ad avere a che fare con insetti di tutte le dimensioni, e meno male perché invece la mia dolce metà ne ha sacro terrore, ma questa è la prima volta che mi imbatto nel famigerato insettone verde con le falci e a dire la verità non so nemmeno che potrebbe farmi. Sono velenose? Volano? hanno il morso fulminante del Black Mamba? A che distanza arrivano con quelle... lame rotanti?
Boh. Io so solo che l'Ape Magà scappava ad alucce spiegate senza farsi domande.
E quindi non ho difficoltà ad ammettere che sono a lungo rimasto indeciso sul da farsi, con Manu che mi esortava a fare l'uomo e ucciderla e io che cincischiavo blaterando di trovare un modo di restituirla al suo habitat senza farla fuori. Dopotutto, un insetto così grande (6-7 cm!) ... non è mica come schiacciare una formica, elettrificare una zanzara (opera sacrosanta) o spiaccicare uno scarafaggio (bleah); ci vuole fegato, riflessi pronti, pelo sullo stomaco.
Provo a sollevare il fornello sperando che l'intrusa rimanga lì e mi consenta di scrollarla fuori dal terrazzino (e anche lì: vola? mi volerà addosso? mi pianterà le mezzelune negli occhi?) ma la pia speranza si spegne dopo poco: la mantide si scosta abilmente e si acquatta sul piano di cottura. E mi fissa con quegli occhi neri.
Manu scoraggiata va nell'altra stanza a chiedere aiuto a mia suocera. Io a quel punto, non saprei dire se per meschina fretta di dimostrare che potevo farcela anche da solo, afferro la paletta di legno con cui poc'anzi mescolavo lo spezzatino in un mano e il coperchio nella pentola nell'altra, a mo' di scudo, e mi avvicino al mostro. Lei ancora niente, continua a fissarmi, ma forse senza che me ne accorga sta affilando le sue falci una sull'altra, pronta a saltarmi alla gola. E allora via: PAM! la paletta si abbatte con la rapidità del fulmine sulla tapina, producendo il tipico fracasso del legno sul metallo. Vedo le zampine sotto che ancora vibrano, seppur piegate secondo angoli innaturali, e spietato aumento la pressione finché non cessa il movimento - sempre protetto dallo scudo. Ritorna Manu accompagnata da sua madre, mentre da qualche parte in casa s'alza un lamento di bimba: ho svegliato anche Eleonora. Ma ho salvato la casa.
Uff.