C'è da riflettere di brutto in questi ultimi giorni.
Sul ruolo dell'informazione, in primis. Su come i quotidiani, e i media di informazione in generale, adempiono a questo ruolo in Italia. Alla differenza sempre più marcata che si sta evidenziando da qualche tempo con l'intervento massiccio dei quotidiani stranieri.
Tempo fa avevo smesso di leggere Repubblica; vedevo una eccessiva intrisione del materiale giornalistico col materiale politico, non tanto nella condanna della parte avversa quanto nella magnificazione scriteriata della parte amica.
Così le mie frequentazioni informative si erano attestate su Corriere e Stampa, a mio avviso più equilibrati, più "freddi" in generale, più distintivo e meno chiacchiere diciamo così. Senza lesinare qualche uscita sul Giornalino del pidiellino, per farmi quattro risate e ricordarmi sempre cosa significa abbeverarsi a quella fonte lì (fondamentalmente, essere ladri o cretini). Salvo poi piangere nel ricordare come è nato Il Giornale e come è diventato l'organo di stampa di un uomo, più che di un partito (guardatevelo il filmato se avete qualche minuto perché è davvero istruttivo, oltre a contenere una delle ultime sortite di Montanelli).
Ma torniamo a noi. All'estero, nei Paesi democratici dico, i politici se la fanno sotto quando vengono presi di mira dai mezzi di informazione. E così partecipano controvoglia ai dibattiti, vanno ai vari David Letterman Show pur sapendo che verranno bersagliati, si scusano pubblicamente delle magagne portate allo scoperto perché altrimenti sanno che sarebbe la loro fine, si affrettano a rendere conto di ciò che fanno. Perché il ruolo più puro dell'informazione pubblica è quello di rendersi garante della democrazia. Il primo sintomo della dittatura, dissero altri, è il controllo degli organi di stampa. Il giornalista in questo senso assume un ruolo di enorme responsabilità, di grande scomodità e di non facile gestione. Da un grande potere, diceva Peter Parker, derivano grandi responsabilità.
Che succede però quando l'informazione o parte di essa comincia a chiudere un occhio? Forse anche tutti e due?
Vorrei poter dire: quello che sta accadendo in questo periodo è sotto gli occhi di tutti. E invece no, non lo è, perché talune questioni sono sottaciute o affrontate con occhio benevolo o in maniera volutamente confusionaria da parecchie entità notoriamente neutrali. Repubblica, e la libertà di stampa e di informazioni, hanno subito un attacco senza precedenti da parte del premier e la sua cricca di avvocati, subendo una denuncia per diffamazione per aver pubblicato, dopo lo scandalo Mignotte for President (chiamiamolo come si deve) dieci ormai celebri domande. Un quotidiano querelato e soggetto a intimidazione per aver fatto delle semplici domande - per quanto volte a dimostrare una tesi indubbiamente negativa per l'interlocutore, ma il punto è che queste domande sono tuttora inevase (da quanto tempo? lo leggete nel bannerino in alto a sinistra in questo blog, che vi invito ad esporre se condividete) mentre negli Stati Uniti il Berlusca di turno si sarebbe precipitato da Letterman a rispondere punto per punto per tema di venire politicamente disintegrato. Da noi la tattica è proprio diversa, si sceglie la strada della delegittimazione. Del diritto di indagine, del diritto all'informazione. Il premier ripete all'ossessione di trovarsi di fronte all'ennesimo complotto della stampa bolscevica. Stampa bolscevica che stavolta si avvale pure di quotidiani stranieri (inglesi, francesi, spagnoli, tedeschi, finalmente anche statunitensi) alcuni dei quali sono già oggetto delle attenzioni del pool MANI ZOZZE capitanato da Niccolò Ghedini. Ma non è nemmeno questo il punto su cui mi soffermo.
Lasciamo perdere la RAI. Basta vedere chi hanno messo a dirigere il TG1 e le sue pietose uscite scodinzolanti. Mediaset, non ne parliamo (buon per Mentana che ne è fuoriuscito in tempo). Ma, ecco, dal Corriere della Sera e da La Stampa mi aspettavo una difesa convinta in soccorso di Repubblica. E invece i rispettivi direttori si sono limitati, in questo caso, ad una fredda cronaca. Il clima degli articoli, intendiamoci, è sempre di lieve critica al governo, ma niente di più niente di meno del solito ormai obsoleto esser leciti.
E invece qui in Italia è il momento di urlare. Di inchiodare quest'uomo e la sua cricca al loro stesso castello di bugie, avvalersi il più possibile della grancassa internazionale - tanto nel nostro Paese ormai non c'è autorità che possa opporglisi - e lasciarli senza fiato. Martellare dalle pagine della Rete, dei quotidiani, di ogni possibile spazio d'informazione condiviso. Almeno fino a che il 51% degli italiani non si sarà messo le mani tra i capelli e avrà deciso di cacciarlo a calci, sempre che per allora si possa ancora farlo.
Intanto se credete firmate anche voi l'appello in favore di Repubblica e della libertà di stampa e di pensiero.