15 lug 2008

Addio ar "giornalaro"

"Io nun zo' 'n giornalista, so' 'n giornalaro", soleva dire tanto tempo fa. Umiltà? Giammai, una semplice constatazione realistica e verace a modo suo.
Quando ancora diceva la sua nelle reti nazionali, in particolare su Retequattro (sapete, quella che dovrebbe stare perlomeno sul satellite da 7 anni circa). E faceva dire le poesie per bimbi a Berlusconi - questa se la ricordano in pochi, ma Berlusconi recitò "Rio Bo" di Palazzeschi proprio da Funari. Un momento di altissima TV.

Se n'è andato un personaggio unico, è innegabile. Criticissimo e criticabilissimo, caustico, volgare come pochi e al tempo stesso signorile, distruttivo e creativo al contempo. Fu addirittura direttore di un quotidiano (L'Indipendente), anche se per pochissimo. Inventò i programmi "litigiosi", le arringhe in diretta, e tante altre cose più o meno memorabili. Ebbe il merito eccezionale di ispirare la creatività di un genio, che fece della sua imitazione un capolavoro assoluto della comicità e, quasi, della filosofia.
Considero Funari un po' il simbolo del "mi spezzo ma non mi piego", merce al giorno d'oggi così rara. Il suo esilio dalle TV nazionali fece meno rumore di quelli illustri di Santoro, Biagi e Luttazzi, sebbene perpetrato dalla medesima illustrissima testolina, perché il personaggio non era un mostro sacro: era, per l'appunto, un giornalaro. Era trash. Bastò molto meno di un editto bulgaro per buttarlo fuori.
Ma lui continuò, dalla porta di servizio, con i suoi improperi e le sue invettive... E mi piace pensare che ancora adesso qualche grosso personaggio si sveglierà tutto sudato durante la notte, con una voce gracchiante nelle orecchie e la sensazione di avere qualcosa di fastidioso "in der posto".

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