15 lug 2008

Raccomandanet

Stamattina leggevo con scarso stupore che il 58% degli italiani cercherebbe la raccomandazione senza problemi. Molto più grave, il 56% invece non si farebbe scrupoli a raccomandare amici e parenti, anche se palesemente incapaci.
E' una situazione degenerata da decenni se non secoli di habitus sociale. Più o meno tutti, di fronte all'opportunità, non sputerebbero sopra alla famigerata "spintarella", specie se in gioco c'è un posto di lavoro. Trattasi inoltre di un sistema auto-alimentante: chi prende la mazzata una volta (posto soffiato per colpa di raccomandato) con ogni probabilità alla prossima si attrezzerà perché il fatto non si ripeta. E... non si può che combattere una raccomandazione con un'altra più forte. In Italia il fenomeno è profondamente radicato nonché parte del naturale ordine delle cose: abbiamo persino un programma televisivo ("I Raccomandati", sob) che si bea di sbrodolare in TV i pupilli dei personaggi di spettacolo, a spese della RAI (->Stato->privato cittadino).
E' un discorso estremamente difficile da affrontare, strutturato in vari livelli, dal più becero al più "professionale": in fondo al calderone, i diktat politico/statali della serie "Tizio nipote di Caio deve rientrare nei 5 posti del concorso Sempronio, cascasse il mondo". All'estremo opposto, almeno secondo la mia personale visione, c'è la "segnalazione" tra colleghi o ex-colleghi, che parimenti - secondo alcuni - potrebbe essere assimilabile alla raccomandazione.
La mia "difesa" in genere è la seguente: eh no, se mi metto a "segnalare" un ex-collega ci sto mettendo la mia faccia e la mia reputazione di mezzo, il che dovrebbe essere garanzia del fatto che se non ritenessi estremamente valida la persona in oggetto, non lo farei. Esiste persino una sorta di "rete di raccomandazioni" globale, LinkedIn, il cui scopo dichiarato è - oltre a quello di facilitare il mantenimento/riallaccio dei contatti - anche quello di segnalare i professionisti mediante il meccanismo delle, guarda un po', recommendations.
Come selezionatore occasionale del personale, io stesso preferisco chiedere in giro a persone che conosco piuttosto che affidarmi a curricula presi a caso dalla rete. Poi è comunque il colloquio a determinare l'esito della selezione, ma perlomeno posso partire da una base di "serietà" assicurata.
Però poi leggo che molti italiani elargirebbero raccomandazioni indipendentemente dall'effettivo valore della persona, per pure questioni di riconoscenza, e mi chiedo se la mia obiettività allorquando "segnalo" qualcuno (o quella di chi raccomanda me) sia sufficiente a far sì che questo meccanismo non diventi fin troppo simile alla raccomandazione becera di cui sopra. Se non sia, comunque, un sostituirsi al normale ordine delle cose - assumendo che la normalità sia l'assenza di corsie preferenziali - sbarrando la strada a un potenziale e sconosciuto meritevole per favorire un amico.
Il mondo del lavoro, cinico e disumano, dice: chissenefrega, meglio andare sul sicuro con qualunque mezzo. E quello della morale?

1 commento:

Anonimo ha detto...

Capisco la necessità del distinguo, ma nella mia forma mentis non c'è grossa differenza, perchè comunque si tratta di una "deviazione" dalle regole del libero mercato, e la segnalazione dipende sempre e solamente dalla serietà, intelligenza e motivazione del segnalatore: il che in alcuni casi potrebbe portare a situazioni di palese raccomandazione di incapace (basta guardare i casi che giornalmente frequentiamo: dal posto più in alto a quello più in basso!). La morale dice: non è giusto ma lo faccio lo stesso e lo chiedo lo stesso......